Prendo in prestito questo famoso proverbio adattandolo alla situazione attuale di due dei più famosi red light district di Bangkok. Non mi viene in mente nessuna altra definizione per descriverlo al meglio dopo il giro che ho fatto questo weekend proprio a Patpong.
Ciclicamente la zona compresa tra la Silom e la Surawong, quella che per prima storicamente arrivò alle luci della ribalta (i primi bar di Nana Plaza videro la luce qualche anno dopo rispetto a quelli di Patpong), ha sofferto di momenti di alti e bassi. Essendo una zona che frequento saltuariamente mi sono sempre accorto dei cambiamenti, in meglio o in peggio, dei due soi di Patpong. Il mio ultimo giro da queste parti risaliva a ben prima dell’inizio del lockdown e finalmente mi son deciso a tornare a dare un occhio.
Ad un possibile ed inevitabile cambiamento ero già preparato ma devo dire che stavolta ho fatto quasi fatica a riconoscere la zona. Patpong pare essere l’ombra di sé stessa, i fasti dei neon sfrigolanti ed il colorato caos del mercato sembrano appartenere ad un’altra era che, al momento, pare essere davvero lontana nel tempo e nello spazio.
Patpong 1, la soi famosa per il suo turistico mercato del tarocco e delle imitazioni, mi si presenta irriconoscibile. Buia e malinconica, le note della musica dei pochi locali aperti sparate nell’aria senza arrivare alle orecchie di alcun cliente. La mancanza più vistosa è il mercato che al momento non c’è mentre uno dei due marciapiedi, tolto un 7/11 e il Kiss, un gogo che era malandato già nei periodi pre-covid, è tristemente buio. L’altro conta circa la metà dei locali aperti rispetto al solito. Sono aperti il Safari, il primo gogo provenendo dalla Silom sulla destra, due del gruppo King, due bar su tre di quelli con musica dal vivo. Tutti tristemente vuoti, si passeggia tranquillamente nel mezzo della strada ed il personale dei gogo aperti pare fare a gara a disputarsi l’attenzione dei pochissimi passanti e punter.
Patpong 2 sembra per metà un po’ piu’ viva, tolto il primo centinaia di metri di entrata dalla Silom, che come si vede dal filmato è cupamente tetro, nel restante pare leggermente animarsi. Qui sono aperti quasi tutti i locali tranne un gogo di lady boy definitivamente chiuso. Chiusi un paio di bar storici ma rimane aperto, e con una forte pubblicità sui canali social, il Black Pagoda che in questi giorni pubblicizza anche una sorta di programma fedeltà, un chiaro tentativo di adeguarsi alla clientela del momento.
Superata la metà del Patpong 2 i locali sono tutti aperti peccato che siano tutti locali dedicati ad una clientela gay. È qui infatti che, già da mesi, uno dopo l’altro si sono trasferiti i locali dedicati a questo tipo di clienti che si trovavano su un soi della Surawong, a pochi passi da Patpong. Finiti i contratti di affitto, con conseguente demolizione degli edifici, i vari locali si sono spostati di pochi metri occupando vari locali che erano sfitti proprio in Patpong 2. Di fatto hanno dato parecchio colore al soi, peccato che sia un colore che non mi risulta essere molto gradito.
Qualcuno di questo locali si è anche piazzato sulla balconata, quel ballatoio accessibile da delle rampe di scale e dove è locata la famosa, per alcuni utenti del forum, Stanza Rossa che adesso, pur rimanendo il solito vecchio e malandato localaccio con delle fighe random, è circondato da locali gay. Si la Stanza Rossa è ancora aperta, pochi clienti vedevano prima e pochi ne vedono adesso, per assurdo ha più possibilità di sopravvivere rispetto ad altri gogo bar della zona. Probabilmente qualcuno pensa che sto dipingedo la situazione con un pennello intriso della vernice del pessimismo ma ecco qui la prova video:
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Dai, Patpong da dentro sarà meglio…
Nel mio giro sono entrato al King Castle, il gogo bar che negli ultimi mesi pre-covid era quello che stava andando meglio. In questo locale su Patpong 1 era facile entrare e trovarsi la pedana centrale riempita all’inverosimile di fighe con altrettante che giravano per il locale o che erano fuori. Tutti i divani occupati da clientela di ogni genere e personale che a malapena riusciva a stare dietro agli ordini delle bevute degli astanti.
Ora è tutto diverso… Qualche cameriere staziona fuori con anche un gruppetto di ragazze. Tutti con la vista aguzza per tentare di intercettare qualsiasi essere dalle fattezze di un probabile cliente. Mi vengono quasi incontro un centinaio di metri prima, faccio finta di arrendermi (era proprio qui che volevo andare) ed entro. Il solito modulo Excel stampato da riempire con nome e numero di telefono. Vergo sul foglio i dati richiesti: mi firmo come Fantomas ed inserisco numero di telefono di un amico commercialista, noto puttaniere anche lui. Alle 9 e 45 di sabato sera occupo la riga numero 4 del primo foglio, non si preannuncia un sabato sera tra i più movimentati
I tre clienti che sono già dentro sono posizionati in altrettanti punti diversi e lontani, anche io mi siedo lontano da loro, pare incredibile una scelta così ampia di posti in questo gogo, solo qualche mese addietro era già tanto trovare un trespolo libero in un angolo. I camerieri, non credendo ai loro occhi di aver ben quattro clienti tutti insieme, passano inchinandosi, sorridono leziosi con un ghigno palesemente finto e si danno da fare nella speranza di tenermi nel locale il più possibile. Uno mi sistema il ventilatore, uno mi accende la sigaretta, un altro lesto mi prende l’ordine. Le mamasan passano salutano quasi con rispetto. Passa anche il solito poliziotto, in borghese ma riconoscibilissimo, saluta anche lui facendo il wai il classico gesto di saluto e rispetto thailandese.
Le ragazze sono meno del solito ma sono comunque un numero elevato, se rapportato al numero di clienti allora siamo a cifre di fighe pro-capite per punter da mettere spavento. Solo qualche fortunatissima riuscirà a fare qualche drink, essere barfinate in questo periodo è come vincere una riffa natalizia. Una tizia è stata baciata dalla sorte e si allontana con uno degli altri tre avventori, oggi ha pescato il giusto biglietto della lotteria, ma domani notte? Molte di queste ragazze torneranno nelle loro stanzette dormitorio senza neanche aver fatto un drink, il calcolo delle probabilità non gioca certo a loro favore.
Come sempre in questo locale la qualità estetica delle ragazze è notevole, anche stasera ed in tempi di coronavirus e confini sigillati il locale conferma questa tradizione. Io però, da attento osservatore e grazie l’assenza della ressa di clienti ho la possibilità di scrutare meglio il tutto. Le ragazze sono poco proattive, qualcuna passa e incespica sulle solite scarpe con tacchi a spillo, avranno passato il lockdown a casa nei villaggi indossando infradito di gomma dimenticandosi di come si cammina su dei tacchi del genere. Molte hanno lo sguardo vacuo, si legge l’intima consapevolezza che, anche nel migliore dei casi, non guadagneranno che poche decine di baht da uno o due drink che qualcuno gli offrirà, quasi per sbaglio. Qualcuna si avvicina, sorride e saluta ma continuo a leggere quella sorta di rassegnazione negli occhi.
Per molte di queste ragazze questo lavoro che solo qualche mese fa era quasi una miniera d’oro di soldi facili ora non è altro che uno strazio, un’altra serata passata a ballare seminuda su una pedana. Ma sono ancora lì, con un numero appiccicato sul bikini e attaccate al loro palo cromato, metafora di una vita edonistica che le ha rese pigre e viziate, molte di queste avendo in passato guadagnato cifre mensili che i genitori fanno in un anno, non hanno nessuna intenzione di accettare un lavoro “normale”. Loro, giovani e fighe, lo stipendio di un operaio lo facevano in pochi giorni e alla fine non gli rimane che stringere ancora più forte quel palo cromato, sperando al momento di pescare il giusto biglietto nella lotteria della serata e che prima o poi passi questo periodo che ha cambiato la loro e la nostra vita.
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